La possibilità, la vita e l'attesa. Bianco e nero.
17 luglio 2015
In un giorno, nello stesso giorno, la vita può bussare due volte alla tua porta e svelarti il suo volto. A me è capitato.
Nel caldo di un luglio che dicono tra i più caldi degli ultimi decenni, gelida è giunta una notizia che ha scosso gli animi, chiusi, di chi attende le vacanze come lo scopo di tutto l'incessante correre.
Nel cuore e nel corpo di una donna, a me cara, amica e molto vicina, sta crescendo una vita nuova e forse, fermandosi alle statistiche e ai numeri, non sana. Collegare qualsiasi segno negativo alla vita è di per sé conflitto, guerra e rumore. La vita è la possibilità, l'oceano del possibile e del desiderio, in cui tutto può essere. L'aspettativa è altissima verso questa possibilità e qualsiasi evento infranga questo dolcissimo futuro è vissuto con una delusione così profonda, tanto quanto maestosa era la sua attesa.
Sono tanti i dubbi, i pensieri, i timori di una vita difficile e di una sfida a cui non ci si sente pronti e per cui si ritiene di non essere all'altezza. In quel posto così delicato e intimo di una futura maternità e paternità, non c'è spazio per il giudizio gratuito di chi non è coinvolto in questo viaggio. Ho preferito tacere e rispettare questo volto, sgradito ma vero, della vita. Mi ha spaventato, come una macchia nera. La malattia è vita, il coraggio è vita, la scelta è vita, la paura è vita.
Rattristata da questa impotenza, verbale e di gesti, ieri sera ho ricevuto di nuovo la sua visita. Della vita.
Una coppia felice, desiderosa di accogliere una nuova vita dentro di sé, ha iniziato da pochi giorni il viaggio dell'attesa. La stessa attesa, la stessa vita, la stessa possibilità di nuovo dinanzi a me, danzante, felice e ricca di futuro. Mi ha scaldato, dentro, ritrovare quelle stesse emozioni, e scoprire che sono in grado di mostrarsi sincere, gioiose e reali. L'attesa è vita, le mani che applaudono, gli amici di una vita che si raccolgono intorno a due corpi che sono già genitori. Da oggi.
I sorrisi, gli sguardi che accarezzano la madre e immaginano la sua trasformazione.
In alcuni affiora il desiderio di maternità, in altri la gioia per una storia che in parte appartiene anche a loro, in tutti il silenzio rispettoso, seppure rumoroso, pieno di risa, sorrisi e respiri, per la vita, che era in noi, in mezzo a noi, dentro di noi, fuori di noi. La stanza era bianca, di luce.
A queste due attese, così diverse, vorrei dare lo stesso colore, l'azzurro del coraggio e dell'amore. Il coraggio di scegliere, di fidarsi, di lanciarsi, di dividere, di creare, di tentare, di fermarsi e accettare ogni cosa. L'amore non è niente di più di questo, accogliere la vita, l'altro e il possibile dentro se stessi.
venerdì 17 luglio 2015
venerdì 3 luglio 2015
Tuo fratello è chi ha bisogno di te
29 giugno 2015
Oggi ho viaggiato in treno. Era tanto
tempo che non mi capitava.
Ho incontrato un gruppo rumoroso e corposo
di bambini di un centro estivo , di ritorno da un giro in città.
Erano una ventina, dai 5 anni in sù, magliette colorate, cappellini in jeans
dei supereroi e quattro giovanissimi animatori pieni di energia e sorrisi.
Questa squadra, così composta, mi ha regalato una bellissima lezione di vita,
che ha reso speciale questo lunedì di fine giugno.
Si sono seduti accanto a me due
fratellini, 5 e 8 anni, mori e secchi, a cui ho rivolto la parola timidamente
perché osservavano il mio pc con aria curiosa. Ho chiesto loro se fossero in
gita e mi hanno detto che avevano fatto una bellissima passeggiata nel centro
città per vedere una torre alta alta. Il più piccolo dei due non ricordava
il nome di questa torre, e balbettava invano qualcosa. Il maggiore dei fratelli
ha atteso che si fermasse e glielo ha sussurrato nell’orecchio e lui è poi
riuscito a pronunciarlo. Il più piccolo poi gli ha mostrato di avere la scarpa
slacciata e il fratello maggiore l’ha annodata senza fiatare. Gli ho detto:
“Sei molto gentile e bravo ad aiutare il tuo fratellino”. Lui mi ha risposto,
con voce delicata: “Non lo aiuto solo perché è mio fratello ma perché ha
bisogno di me”.
Quanta verità in quelle parole. Ho
trattenuto a stento la commozione, guardando quegli occhi puliti e i loro gesti
sinceri. Ho pensato ai miei fratelli e a tutti quelli che ho intorno,
promettendo a me stessa di aiutare anche chi non conosco e non solo chi amo. Di
fare di quelle parole il motto della mia estate appena iniziata. Un buon modo
per salutare giugno e per riprendere talvolta il treno, che come sempre stanca,
emoziona e insegna.
giovedì 2 luglio 2015
La buona Scuola è un buon Maestro.
(Settembre 2014)
In Italia infervora il dibattito su #labuonascuola.
Politici, studiosi, gente comune indicano strade più o meno
congeniali per dare nuovamente linfa a quello che per tutti è il luogo più
importante per lo sviluppo delle persone, per il futuro del nostro paese. La
Scuola.
Può accadere, anche in Italia, che in un’aula gremita di
genitori, ansiosi e preoccupati per i loro figli entrati da pochi giorni nella
classe di prima elementare, una persona dall’aspetto gioioso e dalla energia
contagiosa spieghi cosa sia il talento.
E lo faccia senza parole complicate, senza supporti
informatici, senza immagini. Con una matita in mano e gli occhi rivolti verso
gli altri.
“I primi anni di scuola sono fondamentali. Mi piace
paragonarli ai primi giorni di vita di ciascuno di noi, quando il sorriso dolce
di chi ti allatta, ti cura, ti guarda e ti ama può insegnarti il modo speciale
con cui guardare al mondo, agli altri e alla vita. Nessuno di noi ricorda quale
sorriso ci hanno riservato in quei primi giorni di vita. Ma ciascuno di noi ha
dentro quello “stato” d’animo, quella sensazione che ci accompagna in ogni
incontro con qualcosa di nuovo e diverso.
I primi anni di scuola sono più o meno così. Ciascuno di
noi, diventato adulto, riconduce il proprio ruolo, la propria professione e il
proprio valore nella società a tanti fattori: all’ambiente in cui siamo
cresciuti, alla formazione ricevuta, alle scelte fatte, agli incontri, alla
fortuna o al caso. Eppure c’è un sorriso, uno sguardo, uno stato dell’essere a
cui potremmo ricondurre ogni nostra
azione matura.
È lo sguardo del nostro primo maestro. Il maestro che ci ha
per la prima volta mostrato che i trattini disegnati con una penna, se
accostati gli uni agli altri, formano parole bellissime, richiamano disegni,
concetti e pensieri. Il maestro che con il suo primo voto ci ha “valutato”, facendoci capire di avere forse un limite, un
muro oltre il quale non siamo stati in grado di camminare. Il maestro che ci ha
mostrato per la prima volta che gli adulti, ogni mattina, indossano un ruolo,
vestono una uniforme, entrano in una parte e svolgono il proprio mestiere, che
li rende utili per gli altri e per la società in cui vive. Il maestro che ci ha
spronato ed incoraggiato, quando
sentivamo di non essere all’altezza. O ci ha “etichettati”, se siamo apparsi
incapaci.
Quel maestro, di cui spesso ricordiamo il nome, gli abiti,
le mani sporche di gessetto e la voce, ha segnato l’inizio della nostra
relazione con il mondo e spesso ci ha conferito un parametro, più o meno
giusto, per valutare le nostre e le altrui performance.
Ecco quindi che vi parlo da maestra, l’attuale prima maestra
dei vostri bimbi.
Ho consapevolezza dell’importanza che i miei gesti, le mie
parole e il mio “stato” d’animo rivestono per i vostri figli. Tuttavia quando
sono in classe con loro non ci penso mai e cerco di essere la versione migliore
possibile di me. Ai vostri figli dirò sempre che possono farcela. Che hanno una
potenzialità enorme, nelle loro mani, nelle teste che cercano di ricordare i
numeri e le lettere. Dirò sempre che nessuno può dire loro che non sono in
grado di fare qualcosa. Mostrerò loro che con l’esercizio, la costanza e il
desiderio di imparare, potranno realizzare qualsiasi attività. Tutti i vostri
figli hanno un talento enorme. A questo io penso quando sono con loro.
I primi anni di scuola impariamo o ad amare o ad odiare la
conoscenza, il sapere, la lettura e la logica. Noi cercheremo di far sì che
possano sentire amore perché in questo modo il singolo talento potrà con calma
emergere, svilupparsi e realizzarsi pienamente.
I quaderni dei vostri figli avranno voti bellissimi, tutti.
Piano con il tempo ciascuno di loro imparerà a dare una valutazione autonoma ai
propri lavori, perché solo la libertà di espressione potrà concedere loro
l’equità nel giudizio.
A voi genitori chiedo di dare continuità a questo spirito,
di vestire anche voi, nei singoli ruoli che avete in questo nostro paese, le
stesse premure, nei confronti degli altri. E di averle nei confronti dei vostri
figli quando si presentano a voi con i loro talenti e i loro limiti. Se
vivranno in un ambiente di approvazione, sapranno cosa significa la
responsabilità e il sacrificio.
Buon anno scolastico a tutti!”
Un quarto d’ora. Quindici minuti in grado di ricordare a
tutti i presenti che una buona scuola è innanzitutto un buon maestro. E che
tutti siamo allievi e maestri, nei contesti in cui viviamo.
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