mercoledì 23 novembre 2016


La fede spiegata da un bambino che (forse) ha capito che Babbo Natale non esiste(rebbe). Tempo di avvento.

24 novembre 2016

Non so esattamente cosa accada nella mente di un bimbo tra i sette e gli otto anni di vita.

Lo scorso Natale mio figlio non si sarebbe mai sognato di mettere in dubbio l’esistenza di Babbo Natale. Gli ha scritto di suo pugno la consueta lettera con una lista di regali, mi ha incaricata di spedirgliela, più volte mi ha chiesto se fossi certa dell’indirizzo. 

La notte della Vigilia di Natale è trascorsa non senza emozione: una passeggiata notturna dal suo al nostro letto ci ha dimostrato che l’arrivo di Babbo Natale era aspettato ma anche in parte temuto, ci ha messo di fronte ad una sensibilità profonda basata sulla certezza della sua esistenza. 

Le domande tecniche sul parcheggio della slitta, sull’apertura della finestra dall’esterno (mancando il camino, ovviamente, si sperimentano nuovi ingressi in casa), sull’orario del suo arrivo hanno trovato presto risposta. Babbo Natale non lo abbiamo mai visto nemmeno noi, abbiamo da sempre atteso il suo arrivo, abbiamo trovato i segni del suo passaggio, ma a nessuno è dato vedere i suoi movimenti, data la segretezza e complicatezza della sua missione.

Quest’anno però le domande sono cambiate ed i profili tecnici sono stati sostituiti da quelli filosofico-esistenziali. 
Se nessuno ha mai visto Babbo Natale, come possiamo essere certi che esista?

Ignorando di essere ascoltato, il mio bimbo spiegava al suo fratellino più piccolo questo aspetto. A metà discorso, però, gli ha proposto una possibile risposta risolutiva di cui pareva proprio convinto.

Babbo Natale esiste perché ci crediamo. E crediamo perché esiste. Non ha usato queste parole ma il concetto era il medesimo:
“Sarà così, forse, come succede con Dio. Io non l’ho mai visto ma sento che esiste. Perché ci ha dato tante cose, tante persone e questo significa che esiste anche se non lo abbiamo visto mai. Babbo  Natale è uguale, non importa vederlo, ma se ci credi lo puoi vedere nelle cose che porta, e quindi esiste. 
A scuola abbiamo studiato i nomi astratti, che sono i nomi che di riferiscono alle cose che non vedi ma che esistono perché le senti. Come la gioia, l’amore, la tristezza, la rabbia, l’amicizia”.


Non credo che sia complicato, se ci crediamo. La fede è come una magia, ad otto anni come a quaranta, un avvento che porta ad una attesa interiore.

giovedì 15 settembre 2016

Sono tornati i colori, amico mio

15 settembre 2016

Quando uno dice di avere un amico, credo si riferisca ad una sensazione simile a quella che sto provando io, adesso. 

Hai vissuto una vita difficile, lo so perché io c'ero. 
Al te bambino, da un giorno dall'altro, è stato sottratto il sorriso di tuo padre, le sue mani grandi e calde, il suo sguardo severo ma pieno di tenerezza, il suo corpo robusto e solido. 
Quando è successo sono cambiati i colori del tuo mondo. Come se qualcuno avesse rubato dal tuo astuccio l'azzurro, il giallo, il verde. 
Hai continuato a colorare ogni cosa ma con colori meno brillanti. 

E nonostante tanta bellezza che avevi intorno, una madre dolce e silenziosa, un fratello diverso, un mondo pronto ad offrirsi a te, qualcosa è cambiato per sempre. 

Io c'ero anche quando una donna, improvvisamente, in un modo così tristemente familiare per te, ha deciso di rinunciare ad un progetto comune iniziato insieme da tempo. 
Eri smarrito ed infelice, e non avrei mai pensato che potesse capitarti ancora. E così hai svogliatamente rimesso in piedi la tua vita, provando almeno a procedere, senza fermarti. 

Oggi, inaspettatamente, sei diventato padre. La dolce donna che hai incontrato ha reso possibile il miracolo tanto atteso, prezioso ancora di più per te che sei ancora figlio.  Quel figlio che aveva sofferto.
Quando hai preso in braccio tua figlia per la prima volta hai sentito sulla pelle la stessa gioia di quando eri bambino ed il calore che solo le braccia di un padre regalano, senza prezzo. Sensazioni antiche, primitive, essenziali. 

Stavolta io non c’ero accanto a te, mentre stringevi la tua creatura per la prima volta. Ti ho incontrato poche ore fa, per caso. Aspettavo di venire a trovarvi, appena possibile. 
Ma nei tuoi occhi ho rivisto l'azzurro, il verde ed il giallo, che avevo dimenticato. 

Mi piace immaginare che la tua gioia oggi sia simile al disegno di un bimbo, semplice ed insieme strepitoso. 

In me la felicità pura di vederti di nuovo colorato, ripagato e felice. Essere un tuo amico ha assunto oggi l'antica poesia dei nostri primi anni.

mercoledì 6 luglio 2016

La strada dal cotone al lino. L’amore scava

6 Luglio 2016



C’è stata una domanda, postami da una giovanissima sposa, a cui ho risposto timidamente, forse perché colta impreparata, forse perché non ho saputo trovare le parole giuste, forse perché ha pescato in mezzo ad un miscuglio di sensazioni, sentimenti e pensieri che non è facile chiamare per nome, uno ad uno.
Le nozze che durano da un anno sono dette “di cotone”, quelle che durano da 12 anni sono invece “di lino”. Eppure sia nel cotone che nel lino si dorme bene, entrambi sono materiali resistenti e vigorosi, freschi e sani. Nessuno mai si è chiesto dove vadano a finire gli undici anni che ci stanno in mezzo, nessuno prima di oggi.
Quella sposa, con occhi curiosi, mi ha chiesto: “Ma è vero che l’amore cambia con il tempo?”
Non ho mai pensato al cambiamento dell’amore. Il pensiero che un sentimento talmente totalizzante, coinvolgente e pieno possa modificarsi è inaccettabile. Per me è contro natura. L’amore si evolve, in una trama che raggiunge profondità inaspettate. 

Del giorno delle mie nozze ricordo il vestito bianco, il mio sposo, i fiori, le luci ed i sorrisi di chi ci acclamava. Ricordo perfetta la voce dolce di chi, dall’altare, ci raccontava di un compasso, formato dallo sposo e dalla sposa. Un compasso che, per resistere, ha bisogno di un perno, di un centro intorno al quale girare e disegnare. Il centro rappresentava la vita, la coppia e l’amore. Non capii subito quello che la metafora volesse rappresentare. Non so se oggi ho compreso quel disegno ma credo di aver capito che l’amore scava dentro, giorno dopo giorno, evolvendosi a seconda della profondità raggiunta.

Mentre l’amore scava, ad esempio, impariamo l’attesa, dell’altro. L’inizio di un amore non conosce la profondità, perché parte dalla superficie e di essa si fa vanto trasformandola in gesti esteriori. Il tempo di un amore invece consente a questi di scovare la linfa dentro quella superficie e  raggiungere posti interiori dell’amato, che non era possibile nemmeno intravedere standone fuori. Questa scoperta però non è immediata. È lenta, intrisa di attesa e di rivelazione. Come una preghiera, di cui si coglie il ritmo solo dopo numerose recitazioni e si entra nel suo significato profondo.

Mentre l’amore scava, poi, conosciamo il coraggio, quello proprio, non dell’altro. Di uscire dal proprio territorio, noto e familiare, per calpestare terre talvolta pericolose, oppure impervie, persino ripide. Il coraggio di accettare che le differenze diventino somiglianze, di immaginare bivi come opportunità, di ammettere scelte che non avresti mai fatto, se fossi stato da solo. E scoprire che quelle scelte hanno concesso di raccogliere frutti migliori.

Mentre l’amore scava, ancora, ascoltiamo tantissimi suoni. Quelli delle  voci che diventano bisogni, dei sospiri che diventano disagi, delle risate che diventano pietre preziose, dei bambini che diventano vita, delle lacrime che rendono fertile il dolore. L’amore ci insegna le note della musica che suona continuamente dentro il corpo dell’altro. Non è possibile ascoltare quella melodia restando fuori, nemmeno restando in silenzio.

Mentre l’amore scava, sperimentiamo la fedeltà, all’amore che si prova. Come una promessa fatta ad un bambino, l’amore si attende di diventare compiuto, senza limiti. Il suo più grande desiderio è esserci e prolungarsi, non per trasformarsi ma per compiersi. L’unicità del legame svela le debolezze, le fragilità e le dolcezze di chi ami ma le rafforza nelle tue rendendole segreti di sconfinata dolcezza.

Mentre l’amore scava incontri anche il conflitto, tra differenti autonomie, stili e visioni. Il conflitto è  mascherato e minaccioso ma, se contenuto, arricchisce la sintesi delle due posizioni, portando a percorsi condivisi.

Il lino è la più antica tra le fibre di origine vegetale. Sono sette millenni che viene lavorato e il suo filato è pregiato e assai meno diffuso del più commerciale cotone. Basta avvicinare al viso il suo filato per capirne la differenza. Bisogna andare a fondo per capire l’amore, per apprezzarne la sua evoluzione godendo dei doni che solo la profondità del tempo sa regalare. 





"I tronchi degli alberi sono separati,
ma le radici si tengono strette le une alle altre e i rami in alto si intrecciano.
Sono uniti a livello profondo ed a quello più elevato.
Gli uomini dovrebbero essere come un'immensa foresta."


Romano Battaglia - tratto da "Sulla Riva dei Nostri Pensieri"



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