mercoledì 15 giugno 2016

Per imparare ad amare qualcosa di diverso

Mercoledì 15 giugno 2016




In treno

Ho sentito dire, in treno, da una signora emiliana sui 60 anni circa, che non è possibile imparare ad andare d'accordo, imparare a vivere, imparare a dividere le città e gli spazi con persone con cultura, nazionalità e pensiero diverso dai nostri.
Le ho sentito dire che le culture si sono formate negli anni, nel tempo, scavando nei comportamenti delle persone e creando un senso di appartenenza che consente a ciascuno di sentirsi cittadino, perché si riconosce in quello che il suo paese è ed offre. Le ho sentito dire che ci vogliono secoli per cementare le culture tra loro creandone di nuove, e che nella sua vita non avrebbe mai potuto assistere a questo miracolo. Questo pensiero l'ha indotta nei fatti, così ha detto, a tenersi lontana da queste persone. Così diverse da lei.

I tortellini

Mi ricorderò sempre la prima volta che io ho assaggiato i tortellini modenesi. Venivo da 20 anni di alimentazione mediterranea, fatta di verdura, pesce, pane, focacce, pasta di semola, frutta e legumi. Non conoscevo, se non per false imitazioni, la pasta ripiena e tantomeno la pasta ripiena di carne.

Era una domenica invernale e in un pranzo organizzato in mio onore, per accogliermi in quella che sarebbe diventata a lì a poco la mia seconda famiglia, mi fu presentato un piatto fumante di tortellini in brodo. Nell'assaggiare quei piccoli fagotti a mollo non riuscivo a capire come negli anni avessero potuto ritagliarsi un ruolo così nobile nella cucina emiliana. Non riuscivo ad apprezzarne la bontà, sentivo un gusto troppo forte e deciso, emergeva il gusto della carne che annientava il resto.

Quel pranzo per me fu gioioso e molto poetico, ma i tortellini proprio non mi piacquero. Anche io pensai che la mia cultura culinaria fosse troppo diversa dalla loro, e fui certa che negli anni a venire avrei mangiato i tortellini solo quando proprio non avessi potuto farne a meno. Ero anche io convinta della distanza dalle culture, ed ero certa che nella mia vita non avrei imparato ad apprezzare i tortellini, come la signora del treno.

Il miracolo

Però nei giorni, nei mesi, negli anni successivi è accaduto il miracolo. Ho frequentato le famiglie emiliane, ho conosciuto alcune delle mie amiche più care, che mi hanno insegnato la generosità delle loro case, delle loro tavole e dei loro pensieri. Ho imparato, dai racconti di chi aveva qualche anno in più di me, la storia agricola e contadina dei territori, ho vissuto le tradizioni natalizie, ho visto comporre con religiosa cura il pesto per i tortellini, quel trito di carne di cui vengono riempiti.

Non ci sono voluti secoli, ma qualche domenica in famiglia, qualche abbraccio, la conoscenza delle storie che stanno dietro alle persone e alle cose che esse realizzano. Se è vero che siamo quello che mangiamo, c'era una ragione che spiegava l'amore verso chi aveva gusti ed abitudini diverse dalle mie. Se amavo le persone che mangiavano i tortellini, dovevo capire la magia di quel piatto...

Il miracolo c'è stato quando, senza rendermi conto, ho iniziato a gustare quell'impasto, che è balzato nei primi posti della mio menu personale.

Quello che è accaduto è chiaro ai miei occhi: puoi conoscere una persona, il suo nome e il nome del Paese da cui proviene e credere di poter quantificare la distanza o la vicinanza della sua vita alla tua. Ma se di quella persona non conosci la storia, dove è nato, l'infanzia che ha avuto, i sogni che ha conservato nel cuore, i sorrisi che ha ricevuto e le delusioni che nel tempo gli hanno raschiato il viso, se di quella persona non conosci la musica che ascolta, i colori che ha visto, il bambino che è stato, non potrai mai superare quella distanza. In questo modo rinuncerai senza saperlo ad un dono grandissimo che la vita può fare ad un uomo disposto a riceverlo: la dolcezza di riconoscere se stesso nell'altro e di vedere apertamente quanto gli altri, in qualche misura divina, somiglino a noi.



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