lunedì 7 agosto 2017

Un uomo sposa un uomo e una donna. Dio è lì.
7 agosto 2017



Due persone si sposano davanti al Signore. Promettono di amarsi in eterno chiedendo a Dio che possa illuminarle del suo amore per compiere un viaggio di vita insieme.
Ho osservato questa immagine di recente, da vicino, coinvolta pienamente. E mentre ero lì e guardavo ed ascoltavo il rito, le mani intrecciate, gli sguardi emozionati, le parole sacre, i gesti lenti, ho intuito qualcosa di profondo.  Il sacro è dentro l'uomo, Dio abita davvero in ciascuno di noi, nel nostro bisogno di infinito, di eterno, di senso. 

È un uomo colui che sposa un uomo e una donna unendoli in matrimonio per sempre. È un uomo come loro, pieno di incertezze, di paure, di storia vissuta, di dolori ed amori, un figlio, un amico, un fratello, un uomo normale. Eppure quest'uomo, in un giorno speciale, diventa strumento di Dio e decreta l'unione meravigliosa di due anime per l'eternità. Le chiama per nome, le benedice, le conforta, ricorda loro la strada che li ha condotti a Dio, le avvicina, le unisce in matrimonio, per sempre. 

Quest'uomo non ha poteri reali, non è Dio, diranno alcuni. Comprendo razionalmente il disagio intellettuale e razionale di credere vero qualcosa di non reale, di inventato, di 'costruito'. Uomini e uomini che nella storia del mondo hanno creato la chiesa, la sua struttura, il suo potere, l'hanno reso radicato e forte, l'hanno insegnato alle popolazioni, l'hanno talvolta imposto, anche con violenza, l'hanno armato, l'hanno persino reso arma mortale. Capisco che questo non ha alcun senso divino, poetico, interiore. Sento anche io l'odore del potere verso gli uomini, il rumore della ricchezza di questo potere, il desiderio tutt'altro che divino di governare gli altri. 
Capisco tutti quelli che, dopo gli anni dei sacramenti non scelti e imposti dalle famiglie, decidono di allontanarsi dall'altare, visto come una sede tra le altre (se non più grave, perché si avvale di Dio e affonda la sua radice nel bisogno di ancestrale dell'umanità, di infinto) di sovranità e sopraffazione sull'altro. 

Però poi, godendo della preziosa duplice prospettiva, quella sociale-collettiva e quella personale ed intima, descrivo la mia religiosità e scopro nuove soluzioni. 

Ti capita, ad un certo punto della vita, di soffrire davvero. Di un amore interrotto, di una perdita irreparabile, di un tradimento scoperto, di un dolore del corpo capace di bucare l'animo. Ti capita, talvolta una volta sola nella vita, di innamorarti davvero. Di una persona lontana da te, che ti somiglia poco, che ti consente di vedere il mondo da una altra prospettiva, per la quale provi un sentimento capace di farti uscire dal tuo involucro al fine di difenderlo, viverlo, tutelarlo. Quell'amore ti può capitare di lasciarlo andare, di vederlo volare via da te, e quella sarà certamente la dimostrazione più evidente di quello che stai provando. Di questo genere di sentimento ad esempio ti capiterà di amare i tuoi figli. Ti capiterà di morire un po' quando li vedrai nascere, sentendo che il tuo corpo è lo strumento di creazione divina. Non ci sono altre spiegazioni a quel tonfo interiore che ogni singolo gesto e ogni piccola parola di tuo figlio ti genera. 

Ti capiterà di incontrare un amico vero, capace di accoglierti sempre, dopo anni di silenzio. Di comprenderti. Di aiutarti. Capace di non giudicarti.  

Ti capiterà di lavorare ad un progetto e vedere di quanta energia tu sia capace, di quanto di te puoi mettere nelle cose che fai, creando valore e senso.

Ti capiterà questo o molto altro, ma in quei momenti, in tutti quei momenti, il luogo in cui vivi diventa una chiesa. Una chiesa in cui Dio, Allah, Maometto, Geova, Buddha o qualsiasi altra entità divina si svelerà attraverso te. 

Sentirai che non siamo soli, che qualcuno si prende cura del nostro destino, ci insegna la strada per essere felici. Sentirai che non siamo noi stessi il senso medesimo del nostro esistere terreno. C'è qualcosa che muove i nostri passi, che spiega gli abissi e ci giustifica. Il mio Dio è quello che in me c'è di buono, semplice e perfetto, è la creazione attraverso me, la generosità di offrire la mia vita per gli altri. 

Gli sposi che arrivano a Lui a mani giunte non cerchino sigilli, non cerchino riconoscimenti sociali e valore attraverso il matrimonio. Cerchino piuttosto di trovare Dio e l'eterno nel loro amore, di moltiplicare quel sentimento creando famiglia, legami, abbracciando chi ha bisogno e aprendo la propria casa agli altri. Gli sposi cerchino questo, e troveranno il senso.

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