venerdì 13 marzo 2020

In attesa di rivedersi
(E. B.)

C’è un albero che si vede dalla mia finestra,
c’è da sempre e lo vedi sulla parte destra.

Della sua esistenza però mi sono accorto bene bene in questi giorni,
che sono bloccato in casa aspettando che a scuola si torni.

Ho notato degli uccellini che vanno sempre sui suoi rami a fare il nido:
sono carini, cinguettano sempre e a vederli io rido.

C’è anche una gazza con le penne nere
Che arriva a trovarli quasi tutte le sere!

Immagino che siano amici, tra loro, gli uccellini
e che si incontrino a giocare e per stare vicini.

Loro possono farlo, non come sta succedendo adesso,
che dobbiamo stare lontani e per uscire ci vuole un permesso.

Mi vengono in mente i pomeriggi trascorsi con parenti ed amici
a giocare a palla, parlare, rincorrerci o correre in bici.

Mi viene in mente la voglia che ho di stare ancora con loro
che sono della vita un vero tesoro

‘Passerà presto vedrai’, dice la mamma sorridendo,
‘Andrà tutto bene’ scrivo contento!

Un arcobaleno mi han detto di disegnare
ed ora sono qui tra pennelli e biro a pitturare.

Il tempo più lento che stiamo vivendo
qualcosa di buono capire ci sta facendo

Di quanto è preziosa la vita che viviamo,
davvero è il dono più bello che abbiamo.

Dobbiamo star bene tutti e difendere i più deboli tra noi
e ringraziare i medici ed infermieri che sono supereroi.

Aspettare di vederci e di ritrovarci insieme
darà un sapore più bello al giorno che viene.

Ci aiuterà a capire il bellissimo valore
di ogni piccola cosa, persino di un fiore.

E allora quell’albero che dalla finestra scorgo con occhi puri
diventa un simbolo di una nuova vita senza lati scuri,

dove la difficoltà se arriva e ci coglie impreparati,
presto viene superata con l’aiuto di tutti gli altri stati.

Il mondo è diviso in città paesi e nazioni e continenti,
ma sotto sotto siamo tutti fratelli, e tutti parenti.

‘Quello che ferisce te, ferisce me’
E questa è una nuova regola per me!

Lottiamo insieme stando a casa per un po,
e presto sono certo festeggeremo in pedalò

in spiaggia, in montagna, al lago e in città,
tutti insieme e nulla più ci preoccuperà!

‘Evviva evviva’ allora grideremo!
Più del virus paura non avremo!

Torneremo a vivere con qualcosa in più,
con l’amore per la vita e migliori virtù.





mercoledì 4 marzo 2020

L’amore circolare 
(anche ai tempi del Coronavirus)
4 marzo 2020


Giorni difficili.
Il coronavirus procede a collezionare vittime nel mondo, in Italia, intorno a noi, nella nostra regione. Tutti, chi con più paure chi con più coraggio, colpiti e strattonati da questo vento di instabilità, di incertezza quotidiana, di vacanza e vuoto dalle attività che di solito scandiscono la vita dei nostri bambini, dei nostri amici, degli anziani, di chi conosciamo.

Eppure tutto scorre, nello stesso identico modo di prima, con un nostalgico sguardo a quei giorni in cui godevamo della libertà di ogni movimento, degli abbracci, dei gesti di amore gratuiti eppure non sapevamo di quanta bellezza avessimo intorno. Ancora una volta ci ritroviamo ad apprezzare le cose perché (e quando) non le abbiamo più o perché (e quando) vengono messe in dubbio. 
E fatichiamo a ricordare cosa, della routine precedente, non ci piacesse, tanto bella pare ai nostri occhi.

Dentro a questi pensieri, immersa quasi in apnea, vengo riportata alla vita reale, quella che scorre a prescindere dalle epidemie, da una chiamata dei miei genitori, rimasti al sud nel mio paese natale, che mi racconta di un malore della mia mamma, nella notte. 
Il ricovero, “mamma sta bene”, le chiamate in attesa di saper cosa abbia avuto, “papà oggi stesso partiamo”, le valigie iniziate, “non partite, potreste poi portare il virus visto che dalle vostre parti c’è”, le valigie lasciate lì, “aspettiamo domani, vediamo come va”. E poi una operazione per impiantare un pace maker, “è andato tutto bene”, riunioni viawhatsapp con i fratelli per capire come fare, “Vi amo, anche se con un cuore che pare poco affidabile” dice la mamma. Alla fine uno di noi figli scende, quello che abita nel luogo meno vicino al virus per accudire la mamma. “Mamma raccogli tutte le tue cose che oggi esci”, siamo stati fortunati, pensi, è stata solo una piccola grande paura. Passata, arrivata e passata.

Le piccole tragedie personali dentro le tragedie collettive, è sempre stata cosi la vita, l’uomo dentro il mondo e le sue paure dentro quelle della gente.

E poi mi ritrovo qui, nella casa che abito da qualche mese, a chiedermi perché io non possa aiutare la mia mamma in questo momento, perché io non ci sia quando ha bisogno di me, perché abitiamo così lontano, perché si debba rinunciare a “fare i figli” nel modo in cui io vorrei esserlo, stando con loro quando hanno bisogno di me. Si infiltra nei pensieri una voce sottile, che mi segnala che l’aiuto che offrirei (dovrei offrire e piuttosto vorrei offrire se potessi) ai miei genitori e che di fatto nego loro è lo stesso che talvolta offro a chi ha bisogno, a chi non conosco bene eppure di cui mi interesso, a chi abita vicino a me. Mi sento in difetto, in colpa e le lacrime irrorano i miei occhi.

La lontananza la puoi accettare, con il tempo. Quello che fatichi ad accettare sempre è il bagaglio di mancanze che porta con sé, di eventi non vissuti, conquiste quotidiane non condivise, presenze non registrate, racconti non tramandati.

Poi delle parole mi abbracciano. Pronunciate dall’uomo che mi aiuta sempre quando sono in crisi, quello a cui riservo il mio amore più profondo e di una nuova amica, suor Katia, che frequento da un po’ e che vedo vicina a Dio più di me. Mi convincono, quelle parole, che l’amore è circolare.

Mi convincono che esistono carezze che non potrai offrire direttamente a chi le attende, esistono cure che non nasceranno direttamente dalle tue mani e baci che non potrai dare, toccando le guance di chi ami. Questo perché ci sono condizioni, eventi, distanze, scelte, rinunce che rendono impossibili, talvolta, la vicinanza tra persone che si amano. 

Mi convincono, quelle parole, che però l’amore non si limita a lasciarsi dare e a farsi ricevere nel modo bilaterale, chiuso e selettivo con cui noi uomini siamo abituati a concepirlo. L’amore è circolare, gira, si diffonde e si moltiplica, nasce da uno e arriva a tanti, promana in un luogo e si dirama altrove, lontano. Nella circolarità dell’amore accade che quelle carezze che oggi non posso dare alla mia mamma, quella presenza che non posso garantirle e che pure mi ferisce, si facciano vive presso di lei attraverso altre mani, attraverso il sorriso di altri volti, e attraverso il suono di voci che non sono la mia, pur avendo toni e dolcezza simile.

Mi convincono, quelle parole, che non siamo soli, nemmeno quando pensiamo di esserlo, esiste un cerchio, una circolarità di amore e sentimenti che ci toccano anche quando non pensiamo che ciò possa essere possibile.

Mi convincono, quelle parole, che la bellezza è oggi, anche se una epidemia sconvolge piani e vite, è nelle azioni di responsabilità e nei gesti di altruismo che facciamo, è nella mancanza quanto nell’abbondanza, è dentro, non fuori alle cose e alle persone.
La bellezza di parole buone giunte nel momento in cui se ne ha bisogno è il segno del divino dentro i nostri cuori.




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