lunedì 12 maggio 2025

 



Figlio 


Temo di non riuscire a crescere 

se non con te. 

Saprai presto che le risposte non date, 

non le conosco. 

Che i divieti, pur chiari, 

nascondevano paure. 

Saprai presto che l’assenza di difetti, 

non esiste. 

Ho provato a dirtelo 

ma l’ho certamente detto male. 

Perché proteggi chi ami 

persino da una parte di te stesso. 

Io sono felice che tu esista, 

non mi serve altro, 

il tuo sorriso, 

la tua voce, 

la tua storia. 

Saprai presto 

quale amore profondo 

lega 

chi c’era 

con chi nasce. 



Eliana Bellezza


martedì 4 febbraio 2025


 Lo devi leggere (8)

I viaggi (e i libri) necessari


Tutti gli indirizzi perduti 

di Laura Imai Messina, Einaudi Editore


 

Se questo libro fosse un gesto, sarebbe una carezza.

 

Offerta da mani antiche, dalle mani grinzose di un nonno dagli occhi buoni e dalla voce profonda e rivolta ad un giovanissimo nipote dalla pelle rosea e vellutata. Come quella carezza che una madre muta potrebbe indirizzare alla figlia mentre la voce di una altra donna le legge favole e storie meravigliose, prestandole la voce.


Carezze che bagnano il viso come acqua di oceano, che hanno il profumo della carta di un libro che si sfoglia, che sfuggono alla fretta di amarsi a tutti i costi e costruiscono il lessico di un volersi bene lento e profondo.

 

Risa, giovane ricercatrice universitaria, vestita quasi sempre in maglietta bianca e jeans, alla ricerca di se stessa e protagonista di questa storia, compie con il lettore due viaggi necessari.

 

Il primo, fisico, verso una isola quasi disabitata del Giappone nel mare interno di Seto, dove esiste un ufficio postale speciale che raccoglie tutte le lettere e le cartoline che, per motivi diversi, non possono essere recapitate al destinatario. Lettere dedicate agli oggetti, alle stagioni, a se stessi del passato o del futuro, a persone incontrate per caso e poi mai più viste, a luoghi, a suoni, a figli persi, a fiori, ad animali, al tempo. Lettere perdute ma presenti, urgenti, piene.

 

E un altro viaggio, questa volta interiore, intimo ed insieme doloroso e catartico, che Risa compie dentro se stessa, dentro i suoi ricordi passati e dentro gli urgenti bisogni di verità.

Un viaggio teso a incontrare nuovamente Marie, la sua mamma, una donna speciale ed unica, in un luogo diverso dall’esistenza terrena. Risa desidera incontrare sua madre dentro le lettere o i pensieri che anni prima ha indirizzato a sua figlia e che forse ha spedito proprio all’Ufficio postale "alla deriva".

 

Ma a ben guardare c’è un terzo viaggio che Risa compie in questo tempo. 

 

Il viaggio nelle vite degli altri, nei loro sentimenti, nei loro ricordi ed in ognuno di questi mittenti Risa, e noi che leggiamo con emozione ininterrotta sin dalle prime pagine con lei, troviamo tracce di esistenza privata.  


Un viaggio il cui esito non è scontato. Perché incontrare l’altro è sempre faticoso e difficile, ma, quando siamo pronti all’ascolto, ogni confidenza può diventare un dono da ricevere con gratitudine.

 

La scelta della lettera, quale luogo a cui affidare un pensiero, leggero o folle o persino inconfessabile, regala a chi scrive lo spazio di esprimersi senza limite, senza pausa, senza gli schemi comunicativi del dialogo. E contemporaneamente consente a chi ascolta di rimanere dentro alle parole che riceve, di annusarle, ingoiarle e farle proprie, in piena accoglienza dell’altro.

 

Risa leggerà per il lettore numerosissime lettere di altri, frammenti di missive perdute. In ognuna troveremo un "amo d’oro" (citando la migliore amica di Risa, dolce figura specchio della protagonista)a cui abboccare, per nutrire un ricordo perduto, un sentimento provato o anche solamente un racconto ascoltato e dimenticato. E il lettore si troverà più volte con gli occhi imperlati e il cuore spogliato, perché qualcuno ha saputo leggere pensieri tenuti al riparo.

 

Risa (e sempre noi con lei) raccoglie tutte quelle sensibilità ricevute dalle lettere che legge e che ha il compito di catalogare ed in esse trova la cura alla propria inquietudine, la strada per ricevere le risposte che cerca da una vita. Il legame fortissimo che la lega alla figura di suo padre, postino anche lui, le offrirà una lente privilegiata per cogliere la forza curativa della parola scritta.

 

Tra una lettera e l’altra, poi, la delicata penna della scrittrice ci regala una storia. 

 

D’amore, quello di un giovane isolano dai gesti delicati e dalle parole morbide. Un uomo che quell'amore saprà attendere, incontrare, vegliare e ritrovare.

 

Una storia di genitorialità, di madri e padri che offrono ai figli una versione di se stessi che spesso non coincide con la storia che hanno vissuto al solo scopo di non tramandare loro dolori profondi.  

 

Una storia di figli che cercano le ragioni dei genitori e che, esausti, scoprono che l’amore non va indagato, il bene non richiede di essere studiato, nonostante la follia delle menti.

 

Una storia di amicizia tra generazioni, tra anziani e giovani, tra chi fu e chi c’era tra passato e presente. Una storia personale ed insieme di tutti.

 

Una storia di ricerca, di rinascita, di una felicità sussurata, senza proclami o sfarzo, ma semplicemente presente. 

 

Avevo bisogno di un libro così per far pace con il rumore del mondo che talvolta racconta senza ascoltare.



p.s. La consapevolezza di poter e dover "amare" lo sconosciuto, di vedere l'umanità nell'estraneo, di nutrire il proprio pensiero attraverso la vita di chi non conosciamo, è anticamente rivoluzionario e può davvero curare l'umanità. Perché, se conoscere l'altro non è la condizione per amarsi, ci si può davvero salvare anche nonostante la nostra intima solitudine. Cinque stelle.



"L’amore non si studia Risa. Mai mettere in questione la gioia, semmai serve indagare l’odio perche ciò che si disseziona cambia forma e non si riesce più a vederlo nello stesso modo. Le cose belle sentile, non metterti a toccarle. Le cose brutte mettile in discussione quanto ti pare"

sabato 21 settembre 2024

La misura dell'ego, il peso delle parole, il valore delle persone


 Non dimentico mai un'offesa | Peanuts


Ma quando abbiamo smarrito la nobiltà d’animo?

Cosa ci è successo? Ce ne siamo accorti?

Da qualche giorno si sente parlare solo del dissing, ossia delle offese cantate a suono di rap, tra tre cantanti italiani. 

Due giovani uomini e un uomo un po’ più maturi  che hanno trascorso le ore delle proprie giornate a compilare rime ed ad affilarle come spade per ferire, offendere, umiliare l’avversario. 


Ieri sera mi sono presa un po’ di tempo e ho chiesto ai miei figli di spiegarmi la storia. In estrema sintesi tutto pare nascere da una collaborazione artistica negata, da tre ego molto grandi che non hanno saputo resistere alla tentazione di giudicare l’altro inferiore, di allearsi e mostrarsi, nell’ordine, più muscolosi, più riccioli, più seguiti, più desiderati dalle donne, più....fighi.

Tra i vari argomenti portati nelle offese rappate, quella più sconvolgente è a mio parere l’approccio di questi giovani uomini all’universo femminile. 

Donne del loro passato, del loro presente, della vita degli altri, citate in modo volgare, ricordando rapporti intimi, tradimenti, "passaggi" da uno all’altro che strumentalizzano ancora una volta la figura della donna e del suo valore. 

Ma come siamo arrivati a tutto questo? Qualcuno ha mai parlato a questi giovani della bellezza della intimità, del valore di un sentimento, seppure finito, che rimane sulla pelle e nel cuore di chi lo ha provato?

Qualcuno ha mai raccontato a questi giovani uomini che i sentimenti legati ad amore passati meritano di essere protetti perché ci rappresentano? 

Che le persone con cui ci relazioniamo non ci appartengono, non sono proprietà di nessuno. Eppure parlano di noi e criticarle o parlarne come merce di scambio non è nè saggio nè acuto. 

Perché solitamente le parole rappresentano più le persone che le pronunciano di quelle a cui sono destinate.

Qualcuno di loro conosce la bellezza di quello che si trattiene nella memoria personale?

Non  ho mai voluto essere e non voglio essere una di quelle persone che parla in modo critico e cieco della generazione che ha seguito la sua. Io non penso che i giovani di oggi siano peggio di noi alla loro età. Quando da ragazza sentivo un adulto che diceva questo, pensavo che quello fosse il modo peggiore per diventare un esempio. 

Ritengo invece che i giovani siano la nostra unica speranza, la linfa del futuro. Che la salvezza del pianeta sarà solo opera dei giovani. Noi adulti non ne siamo capaci. 

Penso intimamente che anche questi tre giovani uomini abbiano tante storie da raccontare migliori di questa. 

Ma questa  volta mi spiace pensare che i miei figli credano che questo dissing rappresenti, esaurendola, la società in cui vivono e viviamo. 

C’è molto meglio, in ognuno di loro e in ognuno di noi. C’è sempre un modo per trasformare ogni cosa in un messaggio costruttivo. 

La visibilità sociale e la presenza social impone una responsabilità etica, direi persino politica, delle persone coinvolte, soprattutto quando in ascolto ci sono persone in formazione. 

Aspetto con ansia un testo trap che mi dia ragione.

martedì 9 luglio 2024



 Zia Mariantonietta - Quello che resta


Tante foglie 



Sei stata a lungo una pianta.

Avevi tutto, in semplicità e sobrietà. 

Le radici, il fusto, le fronde, i rami, le foglie, i fiori, i semi. 

Quel tutto era quanto bastava per essere felice. 

Hai avuto amore da offrire, in abbondanza e amore hai ricevuto, copioso, perché la regola del mondo è solo quella. 

Hai sofferto, strappi e tempeste, ma sei rimasta salda. 

Negli ultimi tempi avevi perso i fiori, forse, ma avevi tante foglie. 

Permarranno sulla tua pianta, diventeranno nuova vita per fiori di domani. 

Non muore mai ciò che vive in tutti.

lunedì 3 giugno 2024

Australia. Uluru, la montagna che non si dovrebbe scalare - la Repubblica


"Fare fatica" per essere felici. Quando la scuola ci aiuta.

 

3 giugno 2024 


Una parte dei genitori di figli adolescenti in Italia attende le ultime verifiche e interrogazioni per sapere se questa estate i propri figli recupereranno una materia di studio o saranno liberi e promossi a pieni voti.

 

I genitori nutrono ansie, paure e forse rivivono incubi del proprio passato. I figli hanno una varietà di reazioni, c’è chi ostenta indifferenza e disinteresse verso la scuola, c’è chi si dispera (tardi) e si arrende al destino dei debiti formativi, c’è chi ci prova e prega gli insegnanti di dare loro una seconda (terza, quarta) possibilità.

 

Nell’intimo, più o meno espresso di alcuni genitori (non tutti), si insinua diabolicamente, tra le ansie strette alle premonizioni di vacanze piene di divieti, un piccolo dubbio, ossia a cosa serva tanta fatica per ottenere una sufficienza, tanta ricerca di successo scolastico, tanta verifica sull’apprendimento e tanto desiderio dei docenti (che poi in realtà è un bisogno ma preferiamo pensare che sia un desiderio) di rimandare a settembre alcuni ragazzi. 

 

Nell’intimo di alcuni genitori, e di tutti gli adolescenti, c’è l’idea che gli insegnanti siano sadici, frustrati o, meglio ancora, pazzi.

 

Basta dormire qualche notte, un buon libro come quello che dopo cito e una buona dose di umiltà, e all'improvviso una piccola idea viene a galla, anche in chi proprio non digerisce il sistema scolastico dei voti di fine anno.

 

Studiare serve. Serve innanzitutto perché per svolgere qualsiasi professione, a vari livelli, la conoscenza delle materie scolastiche consente di costruire una capacità di pensiero e di analisi che poi determina il grado dell'intervento che ciascuno di noi potrà offrire in quel piccolo pezzo di comunità e di mondo del lavoro in cui ci si ritroverà.

 

Però c’è una ragione più profonda, profondissima che dimentichiamo troppo spesso e che invece racchiude il senso della vita.

 

L’importanza della fatica (l'elogio oserei dire). Fare fatica per ottenere un risultato, in ogni ambito della nostra esistenza. 


Non esiste persona felice che non abbia faticato per poi godere di qualcosa.

E scavando, molti sostengono che la felicità non derivi dal risultato, ma dalla strada percorsa per raggiungerlo.


La felicità, quel sentimento così ricercato da ognuno di noi, affonda le sue radici in un terreno che ha bisogno di impegno, di rinunce, di sudore.

 

E se i professori, quelli che sembrano assurdi e esigenti all’inversomile agli occhi dei nostri figli, chiedessero loro solo ed unicamente questo? Ci è mai venuto in mente che vogliano che facciano fatica, che sacrifichino qualche ora del tempo dell'ozio telematico per poi ottenere risultati soddisfacenti? E se questo fosse il solo modo di imparare il significato della felicità?

 

Avete mai provato a scalare (in sicurezza) faticosamente una vetta montana e  avete mai visto il panorama da lassù? Ricordate la sensazione di benessere? Questo è il senso della fatica e della felicità che ne deriva. 


Il tuo sudore per la tua pagella con tutti i voti verdi.

 

Sono difficili le cose belle (rubo la frase ad un libro molto tenero di Nucci). Il vero inferno non è un voto rosso a fine anno ma togliere il gusto dall’esperienza scolastica, svuotarla del senso stesso che la scuola persegue: farci amare la vita, anche nei momenti difficili.

 

E ricordarci che possiamo trasformare il presente solo con le forze interiori.

E che ci vuole coraggio, sacrificio e fatica.

E che possiamo chiedere aiuto.

E che quando capiamo, ricordiamo.

E che quello che saremo in futuro dipende quasi unicamente da noi.

E che l’anno prossimo, punto e a capo. Testa alta e si ricomincia.

 


 

 

p.s anche per un genitore faticare per aiutare un figlio a raggiungere un risultato è una esperienza unica. Potrebbe una occasione per trascorrere un tempo di qualità con lui. Leggendo insieme ad un figlio una poesia, potrebbero emergere discorsi interessanti e irripetibili. La distanza tra gli anni si annulla, in qualche breve istante. Non che sia facile, tutt'altro, l'elogio della fatica vale per tutti. E vale per tutta la vita. 

 

 

 

 

 

Da “Un giorno tutto questo dolore ti sarà utile” di Peter Cameron

 

 

 

 

Il passato non determina il futuro.
Puoi fare più di quello che pensi.
L'amore non è mai uno spreco.
Non smettere mai di imparare.
Cerca la bellezza.
Il sonno e i sogni ti purificano.
Rispetta la sofferenza degli altri, ma non darle il potere di distruggerti.
Abbi fede nella natura.
Nessuno sa fare tutte le cose che sai fare tu.
Rispetta la forza e la bellezza del tuo corpo.
Trasforma la sconfitta in una sfida.
Credi in ciò che ami.
Fare del bene ti rende più forte.
Apriti all'amore degli altri.
Ricrea ogni giorno la tua vita.
Tutto è in continuo cambiamento. Non c'è nulla di duraturo.

mercoledì 6 marzo 2024


Lo devi leggere (7)

Esistono libri per curare la nostalgia.


A casa di Judith Hermann, Fazi Editore


A casa - Judith Hermann | Fazi Editore

 

“Questo mondo è il mio mondo perché mi trovo qui in questo momento

 

Questo è uno di quei libri scritti per chi, come me, sa o almeno intuisce che dietro al sentimento della mancanza, della solitudine o della malinconia, talvolta, esiste una strana fonte di felicità, un richiamo del passato nel presente. Rimedio che funziona.

 

L’attesa di un compimento, che forse è già avvenuto ma che consola, nel desiderarlo ancora.


La nostalgia diventa allora non il vuoto del presente ma la pienezza di ciò che fu, un antidoto a quello che, mancando, avvelena il giorno. Un ritorno di felicità improvvisa che inspiegabilmente permea nel respiro del presente e ritorna, pieno e possibile.

 

Come guardare una fotografia di un istante felice.

Ferisce perché non è che un ricordo. Non è più realtà.

Lenisce, pure, poiché quel che è stato è ancora vivo dentro ad una parte silenziosa del nostro stomaco. 

Pulsa ancora, regala ancora energia, torna a trasformarsi in dolce dolore felice.

Ossimori.

 

È questo quello che accade alla protagonista di un libro musicale, “ A casa”, grazie ad una penna originale e ritmica (si sente il suono dei suoi "dice"), che accompagna il lettore tra il passato e il presente, tra il dentro e il fuori, tra mondo esterno e mente estrema.

 

La vita di una donna, di cui in tutto il libro si omette il nome (scelta senz’altro non casuale della scrittrice), scorre con uno sguardo rivolto al passato, riempito pienamente dal desiderio verso una figlia amata che ha scelto una vita da girovaga e solitaria e dall’affetto verso un marito incapace di evolversi ma che rimane il destinatario di numerosi pensieri e lettere.

 

La protagonista, così ancorata a ciò che è stato, sente però di aver bisogno di una nuova vita, di un nuovo luogo, di un nuovo luogo dove portare radici recise, ancora pulsanti di linfa. 

Sente di aver bisogno di ridisegnare la sua storia, le persone che ama, l'idea di se stessa.


Comincia così un nuovo racconto, con nuove amicizie, un nuovo gemito, porte lasciate aperte, rumori sconosciuti e un nuovo modo di vedere il mondo: semplice, lento e basilare.

 

Il nuovo luogo è fatto di tramonti, di campagna sconfinata, di animali, di case rade, di inverni gelidi e persone silenziose ed originali. 


Mimi, l’amica vicina di casa, nuda agli occhi del lettore, è la compagna di avventura di cui avremmo bisogno quando non riusciamo ad uscire dal nostro guscio, dal nostro passato. 


Un fratello che non è cresciuto e che rimane ancorato ad una idea di amore giovanile, puerile e tragico ed una nuova passione ancestrale, verso un uomo, Arilde, diverso e roccioso, completano il gruppo delle storie personale a cui presto, chi legge, si affeziona e che rimangono nell’aria anche a libro chiuso.

 

Due immagini ricorderò a lungo: una cassa da mago in cui una donna verrà spezzata in due e nella quale ognuno di  noi si trova, metaforicamente, ad un certo punto della sua vita e la trappola per martore posizionata in soffitta nella quale talvolta speriamo di trovare o bloccare qualcosa che non conosciamo.

 

Un libro per capire quale luogo chiamiamo casa, di quali persone abbiamo bisogno, quanto silenzio e quanta solitudine possiamo sopportare, quanta bellezza abbiamo intorno e dentro, esattamente nel luogo dove ci troviamo. Niente di più.

 

Un libro contemporaneo e insieme senza tempo.

 

Mi spiace solo, ora che ho finito di leggerlo, di non conoscere il  nome di questa donna, visto che si aggiunge a quelle amicizie incontrate nei libri che resterà a lungo nel mio immaginario.


Da leggere.

 

 

  

mercoledì 21 giugno 2023



 La strada che ci regala intensità

 

(sempre sulle occasioni da non perdere)

Giugno 2023

 

 

 

Conosco un bimbo di 11 anni che ama il calcio.

Come suo fratello di 14 anni.

Come il loro papà.

Come i loro nonni.

Come gli zii, quasi tutti.

 

La passione è il motore di molte azioni umane e la loro passione ha decisamente una forma sferica, fango sotto le scarpe e pomeriggi di allenamento e partite.

Questo bimbo, dagli occhi grandi e neri, dal cuore tenero e sensibile, dalla intelligenza viva, ha vissuto, la scorsa stagione, un anno calcistico eccezionale, un anno che certamente nella sua vita sarà memorabile perché ha giocato per una squadra professionistica, con altri bimbi talentuosi scelti uno ad uno.

 

Una annata piena di soddisfazioni per tutti, per chi lo ha guardato e sognato con lui, per chi lo spronava, per chi lo attendeva fuori, per i mister che lo hanno frequentato e conosciuto, per i nuovi compagni di avventura, giocatori in erba come lui.

 

È arrivato giugno e con esso il giorno atteso dai più, in cui la società comunica a ciascuno se l’esperienza continuerà o se è arrivata al termine.

 

Quel bimbo non continuerà l’esperienza professionistica, tornerà a giocare nella squadra del suo cuore, quella nella quale, a 5 anni, è iniziato tutto, sui campi dove ha imparato a calciare, di punta, di collo e di cuore.

 

Una occasione persa?

Per molti, ma non per tutti.

 

Non perdiamo l’occasione di guardare ciò che conta, con occhi maturi. Conta averci provato, conta l’esperienza di vita che ciascuno porta con sé. Contano le volte in cui ce l’abbiamo messa tutta e abbiamo provato a migliorarci.

 

Non perdiamo l’occasione per ricordarci che, quando si diventa più grandi, è molto più doloroso pensare a quello che non abbiamo avuto il coraggio di vivere per paura del fallimento che ricordare le esperienze vissute in pieno e poi terminate. 

 

Non perdiamo l’occasione per dire grazie, quando si vive una esperienza unica e che cambia chi la vive. Grazie a chi l’ha resa possibile e a chi ci ha accompagnato nel cammino.

 

Non perdiamo l’occasione per riconoscere i propri limiti e le proprie mancanze perché è la sola condizione che ci consente di lavorare per superarle.


Non perdiamo l’occasione per riconoscere il merito di chi riesce.

 

Non perdiamo l’occasione di ricordarci che quello che ci ha reso felici difficilmente è stata una singola “cosa grande” ma più facilmente un insieme di tante piccole cose belle. Normalmente queste piccole cose hanno a che fare con le persone che abbiamo conosciuto durante un percorso.

Le persone sono sempre le tappe migliori dei viaggi che compiamo. 

 

Non perdiamo l’occasione di imparare dagli ostacoli. Non perdiamola.

 

In pochi forse conoscono questa storia ma vale la pena raccontarla per quello che ci insegna.

È la storia di un ragazzo che si chiama Evan Ruggiero, classe 90, che ha sempre amato il ballo e la danza e l’ha sempre praticata sin da piccolissimo. Quando ha compiuto 19 anni gli è stato diagnosticata una forma rara di tumore delle ossa e ha subito l’amputazione del ginocchio e pesantissime terapie. Nonostante questo dopo quel tremendo momento, ha ripreso a danzare con una gamba sola e con la protesi. È un vero ballerino, attore e performer che conta tantissime collaborazioni ed esibizioni. Nelle numerose interviste ha sempre detto di saper gestire i problemi e di aver imparato ad essere forte grazie al problema che lo aveva riguardato. Ha affermato: Non ho scelto la mia condizione ma probabilmente la mia carriera sarà più intensa e migliore grazie alla mia protesi”.

 

Non perdiamo l’occasione per acquistare intensità attraverso le strade che percorriamo.


  Figlio  Temo di non riuscire a crescere  se non con te.  Saprai presto che le risposte non date,  non le conosco.  Che i divieti, pur...