lunedì 16 dicembre 2019

Giovanni Battista e la nostra eterna attesa

Riflessione a margine del Vangelo Mt 11,2-11

16 dicembre 2019


Ho letto di un uomo solo, forse un po’ impaurito, in carcere.
Un uomo spaventato dalla sua condizione di prigionia, da una solitudine coatta che lo ha spinto a vacillare nella sua fede nell’arrivo del Signore.
Un uomo, Giovanni dell’avvento, assai diverso da quello che nel deserto predicava con passione ardente, un uomo pieno di dubbi e di incertezze, che non riesce a vedere il Messia nelle cose della vita e si chiede se sia davvero arrivato e dove sia il suo mistero.

Ecco Giovanni dei giorni nostri, quello che abita nel cuore di tanti di noi, nel mio senz’altro.
Incapace talvolta di vedere il miracolo nelle cose piccole, nelle cose che non splendono e non accecano ma che ci sono, durevoli, solide, presenti.

Giovanni che aspetta un arrivo eccezionale, una festa incredibile, un segno inequivocabile che soddisfi la sua fede. Come Giovanni attendiamo di stupirci incredibilmente senza guardare con stupore quello che abbiamo intorno e che testimonia la presenza di un bene superiore.

Giovanni fa come noi che viviamo in attesa di qualcosa che non c’è e nel frattempo la vita accade, conservando la sua bellezza nel suo lento ritmo di narrazioni, nella fiducia della semina e la pazienza del raccolto, nella profondità dell’amore che spesso non si intravede in superficie.

Giovanni oggi rappresenta tutti noi, e la sua fede fatta di incertezze e dubbi rappresenta la fede di ogni uomo, che è impregnata di un umano bisogno di rivelazione, di un desiderio di guardare e toccare quello che a cui crede, di certezza materiale.

Abbiamo però una strada per soddisfare questo anelito incessante, tutto umano ed eterno connaturato con la nostra primordiale natura: la strada dei più piccoli.
Indossare lo sguardo, le vesti, la vita della più piccola creatura del regno dei cieli, della persona più umile, più povera, del bambino, del debole, del malato, del diverso, del sopraffatto, del vinto.
Con quello sguardo saremo in grado di vedere il miracolo all’interno della vita di ogni giorno, di toccare il senso di un risveglio gioioso, di un pasto non scontato, di una parola buona mai ricevuta, di un dono desiderato, di una compagnia dimenticata, di un bisogno soddisfatto, di una guarigione attesa, di un riposo aspettato, di un sorriso prima spento.

Come Giovanni continuiamo a credere e a cercare anche nel dubbio la risposta al nostro anelito perenne, come Giovanni oggi mettiamoci nei panni di chi è piccolo per trovare una strada di rinascita. Chi crede non è perfetto, non è senza indugi né dubbi, non è solido e convinto. Chi crede si lancia e si affida e mentre lo fa ha paura, esattamente come noi.
Chi crede non è immune da guai, da smarrimento ma ci prova, battendo la strada della gioia. Chi crede non sempre vive al massimo, ha le sue prigionie e i suoi muri ma si mette in cammino, pieno di speranza.


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Un pensiero speciale per la Casa della Carità e suor Katia



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